giovedì 10 gennaio 2013

Tommaso Buscetta










« Non sono un infame. Non sono un pentito. Sono stato mafioso e mi sono macchiato di delitti per i quali sono pronto a pagare il mio debito con la giustizia. »
(da un interrogatorio con Giovanni Falcone)


Tommaso Buscetta


Tommaso Buscetta, detto anche il boss dei due mondi e don Masino (Palermo, 13 luglio 1928 – New York, 2 aprile 2000), è stato un criminale italiano, membro di Cosa Nostra e successivamente collaboratore di giustizia.

È stato uno dei capi della mafia siciliana, esponente di massimo prestigio all'interno della cupola mafiosa e successivamente arrestato, collaboratore di giustizia durante le inchieste coordinate dal magistrato Giovanni Falcone; le sue rivelazioni furono storiche perché permisero una ricostruzione giudiziaria dell'organizzazione e della struttura di Cosa nostra, fino ad allora quasi del tutto sconosciuta.

Biografia 

Nato in una famiglia poverissima (madre casalinga, padre vetraio), ultimo di 17 figli, si sposò a sedici anni nel 1945 con Melchiorra Cavallaro dalla quale ebbe 4 figli: Felicia (nata nel 1946), Benedetto (nato nel 1948), Domenico e Antonio. Benedetto e Antonio furono vittime della lupara bianca nel corso della seconda guerra di mafia. Durante la sua vita, Buscetta ebbe tre mogli e otto figli.
xTommaso Buscetta da giovane

Per far soldi iniziò una serie di attività illegali nel mercato nero, come lo smercio clandestino delle tessere per il razionamento della farina, diffuse durante il ventennio fascista. Questa attività lo rese abbastanza celebre anche a Palermo, dove nonostante la giovanissima età venne soprannominato Don Masino. A 17 anni entrò nella famiglia mafiosa di Porta Nuova.

Al termine della seconda guerra mondiale si recò a Buenos Aires e a Rio de Janeiro, dove aprì una vetreria: gli scarsi risultati economici del suo nuovo lavoro lo costrinsero, nel 1950, a tornare a Palermo. Qui, negli anni cinquanta, Buscetta si legò al clan di Salvatore La Barbera iniziando il contrabbando del tabacco, che praticò fino al 1963 quando, con lo scoppio della prima guerra di mafia, si diede alla latitanza.
Il Sudamerica, la droga e la prima estradizione.

Buscetta riuscì a costruire in sud America un impero basato sulla produzione e sullo spaccio dieroina e cocaina, con un sistema di aerei per poterla trasportare in tutto il mondo, costituì una compagnia di tassisti e una catena di pizzerie e ristoranti per poter reinvestire il denaro frutto del traffico di stupefacenti (Buscetta ha, però, sempre smentito con forza di aver mai trafficato droga in tutta la sua vita). Per dieci anni, Buscetta riuscì a eludere la legge, utilizzando false identità (Manuel López Cadena, Adalberto Barbieri e Paulo Roberto Felice), sottoponendosi anche a un'operazione di chirurgia plastica, e spostandosi da paese a paese, passando per gli Stati Uniti d'America, il Brasile e il Messico.

Arrestato dalla polizia brasiliana il 2 novembre del 1972 e successivamente estradato, venne rinchiuso nel carcere dell'Ucciardone e condannato a dieci anni di reclusione, ridotti ad otto in appello, per traffico di stupefacenti. Nel suo covo in Brasile, le autorità trovarono eroina pura per un valore di 25 miliardi di lire dell'epoca. Trasferito successivamente nel carcere piemontese delle Nuove, riuscì ad evadere quando gli venne concessa la semilibertà, facendo ritorno in Brasile e sottoponendosi a un nuovo intervento di chirurgia plastica oltre che a un intervento per modificare la voce.

Tommaso Buscetta il 15 luglio 1984 all'aeroporto di Roma.
Lo sterminio dei familiari durante la seconda guerra di mafia

La seconda guerra di mafia e l'ascesa dei corleonesi, schieramento opposto a quello palermitano di Buscetta e degli altri boss, portarono allo sterminio della sua famiglia. Tra il 1982 e il 1984, sotto ordine diretto del boss corleonese Totò Riina, i due figli di Buscetta scomparvero per non essere mai più ritrovati, evidente caso di lupara bianca[5]. Vennero inoltre uccisi un fratello, un genero, un cognato e quattro nipoti[5].
L'arresto in Brasile e l'estradizione [modifica]

Il 24 ottobre 1983 quaranta poliziotti circondarono la sua abitazione a San Paolo e lo arrestarono assieme alla moglie, portandolo in commissariato. A nulla valse un tentativo di corruzione operato dallo stesso Buscetta[4], che venne rinchiuso in prigione per alcuni omicidi collegati con lo spaccio di droga[4].

Nel 1984 i giudici Giovanni Falcone e Vincenzo Geraci si recarono da lui invitandolo a collaborare con la giustizia, ma Buscetta inizialmente rifiutò. Lo stato italiano ne chiese allora l'estradizione alle autorità brasiliane.

Alla notizia dell'estradizione in Italia[6], Buscetta tentò il suicidio ingerendo barbiturici[7], nel tentativo di evitare di giungere in Italia. Salvato, arrivò in Italia dove decise di collaborare, cominciando a rivelare organigrammi e piani della mafia al giudice Falcone[8].

Viene per questo considerato uno dei primi pentiti della storia, dopo Leonardo Vitale[9]. Egli non condivideva più quella che era la nuova Cosa Nostra, poiché sosteneva che essa stessa aveva perso la sua identità[10].
La collaborazione con Falcone e il ritorno negli Usa [modifica]

Grazie a lui, lo stato e i suoi magistrati hanno capito e conosciuto il sistema di Cosa Nostra. Un sistema piramidale detto cupola[11], alla base del quale vi erano i soldati scelti dalla famiglia, sopra di essi i capi decina, scelti dal capo della famiglia, sopra ancora vi erano i consiglieri, e infine il capo famiglia. Buscetta parlò di livelli superiori, occulti, di cui facevano parte forze politiche[10][12].

Nel 1984 Buscetta venne estradato negli Stati Uniti ricevendo dal governo una nuova identità, la cittadinanza e lalibertà vigilata in cambio di nuove rivelazioni contro i piani di Cosa nostra americana[13][14]. Dopo aver fatto parlare di sé per una crociera nel Mediterraneo[15], muore di cancro nel 2000 all'età di 72 anni[16], non prima di aver manifestato, in un libro-intervista di Saverio Lodato (ed. Mondadori, 1999), il suo disappunto per la mancata distruzione di Cosa Nostra da parte dello Stato italiano[17].